Sopravvenienze attive e imposizione fiscale: il deposito della sentenza segna l’anno d’imposta
La Cassazione ribadisce che il riconoscimento giudiziale di un credito o il disconoscimento di un debito va imputato fiscalmente all’anno del deposito della sentenza, purché non sospesa l’efficacia esecutiva.

Nel contesto delle imposte sui redditi, la Corte di Cassazione – con ordinanza n. 13361 del 20 maggio 2025 – ha confermato che le sopravvenienze attive derivanti da sentenze giudiziarie devono essere dichiarate nell’anno d’imposta in cui la sentenza è stata depositata, in quanto è in quel momento che si realizza la certezza giuridica e obiettiva determinabilità del componente positivo, come previsto dall’art. 109 del TUIR.
Il caso riguardava la rettifica del reddito di una società per l’omessa dichiarazione di sopravvenienze attive, corrispondenti a somme restituite da una banca dopo il riconoscimento giudiziale dell’illegittimità di interessi anatocistici. Mentre i giudici tributari avevano imputato il componente positivo al 2010, anno in cui la sentenza era divenuta definitiva, l’Agenzia delle Entrate sosteneva che l’imputazione spettasse al 2009, anno del deposito della sentenza d’appello.
La Cassazione ha dato ragione all’Agenzia, stabilendo che il momento determinante è il deposito della sentenza non sospesa, indipendentemente dalla sua definitività. Questo perché la componente reddituale si considera acquisita fiscalmente già al momento del riconoscimento giudiziale, salvo successiva sopravvenienza passiva se la sentenza venisse riformata.
Infine, la Corte ha precisato che il principio vale solo se non vi siano ostacoli all’esecutività della sentenza tali da compromettere il concreto conseguimento della posta attiva.